Alcune tavole le amiamo alla follia e le usiamo fino all’ingiallimento più assoluto, fino a che non assorbano tanta acqua da gocciolare a fine session; altre tavole, presi da un iniziale innamoramento, una volta in acqua si rivelano una delusione tipo wonder-bra; altre ancora le teniamo aspettando il giorno giusto, l’onda giusta, la mareggiata giusta e ingialliscono di tungsteno; tutte però hanno un fattore comune: un qualcuno le ha pensate e realizzate.
E la stessa cosa accadeva nelle Isole Hawaii centinaia di
anni fa quando ci si costruiva le tavole dal legno degli alberi koa, ma ci si
affidava anche ad abili artigiani affatto economici. Perchè quando un re
cavalcava le onde sul suo olo c’era poco da scherzare: decine di chili di
robusto legno tropicale sfrecciavano per metri e metri e lo shape era tutto già
allora.
E proprio di tavole di legno si parla…. Della sorprendente
giornata passata seguendo passo passo la creazione di un’alaia. Come sempre
dietro ogni cosa si nasconde della poesia, bisogna solo osservare con
curiosità.
Da lontano Cristiano sembra un boscaiolo del Montana: alto,
robusto, con barba e capelli lunghi, un berretto in testa, camicia a scacchi e
piumino senza maniche. Ci incontriamo alla rotonda di Ostia, ci saluta e sale
sulla sua station wagon. Lo seguiamo in una zona verso Ostia Antica. Io e Fabio
abbiamo deciso di passare una giornata al laboratorio della Alaia Religion per
vedere come lavorano, fare un po’ di foto, video e raccogliere un po’ di
materiale per la rubrica “shapers”.
La sensazione che mi portavo dietro, stupidamente, era
quella di stare qualche ora in una shaping room dove un qualcuno avrebbe
segato, piallato e levigato un’asse di legno. In fondo un’alaia non è altro che
una palanca con un minimo di forma, insomma….
La semplicità di Cristiano condita con la sua tranquillità, ma allo stesso tempo la
sensazione di sicurezza e precisione che si percepisce da ogni suo movimento su
quell’asse di legno e l'odore di segatura che si spandeva nel laboratorio in
breve tempo mi hanno completamente conquistato.
Ci troviamo in un cantiere-magazzino-laboratorio alla
periferia di Ostia immersi in migliaia di oggetti utili e inutili allo stesso
tempo, con qualunque tipo di macchinario si possa desiderare per lavorare
(pialle, torni, bilance, morse, compressori, seghe di ogni tipo….) e davanti ai
nostri occhi si compivano dei gesti che risalgono a migliaia di anni fa in
terre lontane. Quello che a prima vista può sembrare una semplice asse
piallata, in realtà nasconde mille accorgimenti per far sì che questo pezzo di
pawlonia diventi un mezzo per andare giù veloci sulla faccia dell’onda.
La cosa che più mi ha colpito è quanto materiale è stato
tolto. Quanto poco è rimasto al massello iniziale. L’odore tipico malsano della
shaping room, fatto di chimica pungente, in questa mattinata insolita era
nuvole di polvere profumata di legno tropicale.
Più osservavo e più volevo carpirne i segreti attraverso i
gesti di Cristiano e puntavo l’obiettivo sempre più nell’azione, sempre più
stretto, per assaporarne ogni momento. Quello che stavo documentando, con i
miei mezzi di fotografo dilettante (molto più dilettante che fotografo….) era
uno scultore all’opera. Da ogni segno che traccia sul legno, da ogni piallata è
chiaro che ha perfettamente in mente dove vuole arrivare…. lui al di sotto di
quei millimetri di piallate vedeva l’alaia nella sua primitiva interezza.
È assurdo come le alaia prodotte oggi dai ragazzi della
Alaia Religion, come da chiunque altro, da Wegener in poi, siano delle
riproduzioni rivisitate e corrette delle tavole usate dagli indigeni nelle
isole Hawaii o in Polinesia, così come quella conservata nel museo Bishop di
Honolulu. I bordi, le concavità come le convessità e le dimensioni in un
oggetto del genere fanno la differenza tra l’avere un mezzo inutile o un razzo
da sliding. Bastano millimetri per trasformare un’alaia in un’asse da stiro. Forse è ancora più assurdo come dei ragazzi italiani si siano messi in gioco in
un’impresa tanto matta quanto affascinante: quella di shapare alaia nel nostro
paese. Pazzi!!!! Ma quando 3 surfisti si mettono davanti ad una boccia di vino
rosso, in un giardino assolato, con una pialla in mano e una vergine di
pawlonia sotto le mani…. Chi può dirlo cosa potrebbe accadere;-)
Comunque sia, che vi devo dire, è vero che in Italia
probabilmente non abbiamo le onde ideali per questo tipo di amenità; è vero che
già fa così poche onde che sprecare una giornata di onde per provare un legno è
inconcepibile; è vero anche che dopo aver speso tanti anni per apprendere quei
pochi rudimenti surfistici, andare ad imbarcarsi in un’impresa del genere è da matti; ma vi assicuro che nonostante tutto non vedo l’ora di lanciarmi in acqua
con la mia alaia dell’ALAIA RELIGION.
Fare surf in Italia è spesso un sogno (o anche un incubo....hehe), fare alaia (nel vero senso della parola) una follia, ma il mondo ha bisogno di folli utopie.
Grazie ragazzi!
Le foto a seguire raccontano fedelmente le diverse ore di lavoro che hanno portato alla "nascita" di un'alaia, senza velleità artistiche o tecniche (rimandiamo ad altri interventi).... solo un tributo doveroso condividendo la passione per il "SOGNO" in quanto tale.
Cristiano Vitali _ Alaia Religion |
Pialla overall |
Wood smelly dust |
Occhio al particolare |
Venature e graffi |
Non solo alaia |
Finiture |
La marchiatura |
Alaia Religion Original |
Testo e foto di bruno