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05/04/12

Smells like wood spirit....



Alcune tavole le amiamo alla follia e le usiamo fino all’ingiallimento più assoluto, fino a che non assorbano tanta acqua da gocciolare a fine session; altre tavole, presi da un iniziale innamoramento, una volta in acqua si rivelano una delusione tipo wonder-bra; altre ancora le teniamo aspettando il giorno giusto, l’onda giusta, la mareggiata giusta e ingialliscono di tungsteno; tutte però hanno un fattore comune: un qualcuno le ha pensate e realizzate.
E la stessa cosa accadeva nelle Isole Hawaii centinaia di anni fa quando ci si costruiva le tavole dal legno degli alberi koa, ma ci si affidava anche ad abili artigiani affatto economici. Perchè quando un re cavalcava le onde sul suo olo c’era poco da scherzare: decine di chili di robusto legno tropicale sfrecciavano per metri e metri e lo shape era tutto già allora.
E proprio di tavole di legno si parla…. Della sorprendente giornata passata seguendo passo passo la creazione di un’alaia. Come sempre dietro ogni cosa si nasconde della poesia, bisogna solo osservare con curiosità. 


Da lontano Cristiano sembra un boscaiolo del Montana: alto, robusto, con barba e capelli lunghi, un berretto in testa, camicia a scacchi e piumino senza maniche. Ci incontriamo alla rotonda di Ostia, ci saluta e sale sulla sua station wagon. Lo seguiamo in una zona verso Ostia Antica. Io e Fabio abbiamo deciso di passare una giornata al laboratorio della Alaia Religion per vedere come lavorano, fare un po’ di foto, video e raccogliere un po’ di materiale per la rubrica “shapers”.
La sensazione che mi portavo dietro, stupidamente, era quella di stare qualche ora in una shaping room dove un qualcuno avrebbe segato, piallato e levigato un’asse di legno. In fondo un’alaia non è altro che una palanca con un minimo di forma, insomma….
La semplicità di Cristiano condita con  la sua tranquillità, ma allo stesso tempo la sensazione di sicurezza e precisione che si percepisce da ogni suo movimento su quell’asse di legno e l'odore di segatura che si spandeva nel laboratorio in breve tempo mi hanno completamente conquistato.
Ci troviamo in un cantiere-magazzino-laboratorio alla periferia di Ostia immersi in migliaia di oggetti utili e inutili allo stesso tempo, con qualunque tipo di macchinario si possa desiderare per lavorare (pialle, torni, bilance, morse, compressori, seghe di ogni tipo….) e davanti ai nostri occhi si compivano dei gesti che risalgono a migliaia di anni fa in terre lontane. Quello che a prima vista può sembrare una semplice asse piallata, in realtà nasconde mille accorgimenti per far sì che questo pezzo di pawlonia diventi un mezzo per andare giù veloci sulla faccia dell’onda. 


La cosa che più mi ha colpito è quanto materiale è stato tolto. Quanto poco è rimasto al massello iniziale. L’odore tipico malsano della shaping room, fatto di chimica pungente, in questa mattinata insolita era nuvole di polvere profumata di legno tropicale.
Più osservavo e più volevo carpirne i segreti attraverso i gesti di Cristiano e puntavo l’obiettivo sempre più nell’azione, sempre più stretto, per assaporarne ogni momento. Quello che stavo documentando, con i miei mezzi di fotografo dilettante (molto più dilettante che fotografo….) era uno scultore all’opera. Da ogni segno che traccia sul legno, da ogni piallata è chiaro che ha perfettamente in mente dove vuole arrivare…. lui al di sotto di quei millimetri di piallate vedeva l’alaia nella sua primitiva interezza.


È assurdo come le alaia prodotte oggi dai ragazzi della Alaia Religion, come da chiunque altro, da Wegener in poi, siano delle riproduzioni rivisitate e corrette delle tavole usate dagli indigeni nelle isole Hawaii o in Polinesia, così come quella conservata nel museo Bishop di Honolulu. I bordi, le concavità come le convessità e le dimensioni in un oggetto del genere fanno la differenza tra l’avere un mezzo inutile o un razzo da sliding. Bastano millimetri per trasformare un’alaia in un’asse da stiro. Forse è ancora più assurdo come dei ragazzi italiani si siano messi in gioco in un’impresa tanto matta quanto affascinante: quella di shapare alaia nel nostro paese. Pazzi!!!! Ma quando 3 surfisti si mettono davanti ad una boccia di vino rosso, in un giardino assolato, con una pialla in mano e una vergine di pawlonia sotto le mani…. Chi può dirlo cosa potrebbe accadere;-)
Comunque sia, che vi devo dire, è vero che in Italia probabilmente non abbiamo le onde ideali per questo tipo di amenità; è vero che già fa così poche onde che sprecare una giornata di onde per provare un legno è inconcepibile; è vero anche che dopo aver speso tanti anni per apprendere quei pochi rudimenti surfistici, andare ad imbarcarsi in un’impresa del genere è da matti; ma vi assicuro che nonostante tutto non vedo l’ora di lanciarmi in acqua con la mia alaia dell’ALAIA RELIGION.
Fare surf in Italia è spesso un sogno (o anche un incubo....hehe), fare alaia (nel vero senso della parola) una follia, ma il mondo ha bisogno di folli utopie.
Grazie ragazzi!

Le foto a seguire raccontano fedelmente le diverse ore di lavoro che hanno portato alla "nascita" di un'alaia, senza velleità artistiche o tecniche (rimandiamo ad altri interventi).... solo un tributo doveroso condividendo la passione per il "SOGNO" in quanto tale.

Cristiano Vitali _ Alaia Religion

Pialla overall
Wood smelly dust
Occhio al particolare
Venature e graffi


Non solo alaia
Finiture


La marchiatura
Alaia Religion Original

Testo e foto di bruno