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16/12/13

Le Pinne - 3



Il set-up delle pinne

Per set-up si intende la configurazione di pinne che si ha sotto la propria tavola. Quante sono, come sono fatte, in che materiali e in che posizione sono messe. I parametri che entrano in gioco sono tanti e in linea di massima, soprattutto per quanto riguarda i single-fin, sperimentare nei limiti delle proprie possibilità è consigliato, se non obbligatorio. I vantaggi che si possono ottenere conoscendo un po’ meglio il variegato mondo delle pinne sono notevoli e cercando bene soprattutto in rete esistono anche canali d’acquisto non troppo dispendiosi per farsi un quiver di pinne di tutto rispetto.
Basta non perderci la testa....
Single-fin
Una sola pinna. In linea del tutto generale è la configurazione tipica del longboard per avere stabilità e controllo. Ma ad onor del vero ormai da qualche anno (grazie a Dio, aggiungiamo;) il single-fin è tornato alla ribalta con mille modi diversi per scivolare su un’onda. Oggi come oggi di possono affrontare qualunque tipo di onda e di stile con un single-fin, l’importante è avere coscienza di quello che si ha sotto i piedi per poter dare ad ogni surfata il giusto supporto. La sensazione di surfare con un single-fin è completamente diversa, non per forza classica e retro, o almeno non così semplicemente, basta guardarsi qualche video di Alex Knost o Rob Machado per farsene un’idea. In definitiva soprattutto per quanto riguarda un longboard la possibilità di cambiare completamente le caratteristiche di una tavola semplicemente cambiando una pinna è sorprendente. Tanto che alcuni hanno un vero e proprio quiver di pinne da cambiare a seconda delle condizioni del giorno. Per esempio, spesso ci viene descritta una difficoltà nell’avvicinarsi al nose: beh, molte volte basterebbe cambiare la pinna per migliorare la sensazione di stabilità e di ancoraggio all’onda.
Altro punto interessante è la posizione nella scassa. Alcune tavole single-fin, in particolare i classic-longboard hanno la pinna glassata sulla carena, quindi inamovibile. Se da un lato le pinne glass on ricoprono un fascino particolare, dall’altro non lasciano spazio alla sperimentazione e sono abbastanza scomode per viaggiare. Sperimentazione…. Sì, perché con una scassa si può sostituire la pinna o muoverla in una differente posizione nella scassa, più avanti o più indietro; ogni configurazione è a se stante e ognuno può divertirsi a trovare il proprio set-up preferito rispetto alla condizione delle onde. Una stessa pinna darà alla tavola una sensazione più disinvolta accentuando la manovrabilità se avvitata più avanti, migliorerà la velocità e la tenuta soprattutto sul grosso se posizionata più indietro.
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Flex fins: le flex danno una svolta in ogni tipo di tavola dai piccoli stubbies alle middlelength ai noseriders. Le flex cambiano la prospettiva del surfer aiutandolo a  trimmare la tavola sull’onda e regalando una morbidezza incredibile alle curve. Una pinna flessibile, con il giusto profilo, dona alle proprie linee rotondità ed eleganza con un’accelerazione incredibile all’uscita delle curve, cosa non ottenibile con una pinna più rigida che tende invece a strappare le curve senza dare rilancio. Una buona pinna con il giusto flex e un foil studiato a dovere sono un must per chi vuole lavorare sul proprio stile e superare le “barriere culturali” che racchiudono i single-fin in un retro-bottega del surf.

Raked fins: abbiamo già detto che più una pinna è “curvata” all’indietro più dona alla tavola velocità e manovrabilità. Per questo è una pinna per ogni circostanza, ottima in ogni condizione dal beach-break al reef, dal piccolo al grosso…. Sempre perfettamente controllabile. Un’ottima scelta per avere una pinna adatta ad ogni occasione, a quel punto giocando un po’ sulla posizione nella scassa, si può avere un’infinita varietà di performance sempre al top.

Pivot fins: se il vostro scopo è il noseride e il vostro credo è il knee-drop allora la pinna deve essere dritta, piena e larga alla base. Questo tipo di pinna è studiata per dare il massimo in termini di trazione e per rallentare la tavola costringendola a rimanere nell’onda quando il surfer si trova sul nose. Ottima per uno stile classico su onde piccole e medie, con onde più grosse diventa impegnativa. Se si vuole passare la maggior parte del proprio tempo sul nose, con repentini stalli o stilose passeggiate sul deck, con una tavola dal tail largo e squadrato è perfetta, è “LA PINNA”; rimane difficilmente adattabile ad altre situazioni non essendo il suo scopo.

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2+1
Soprattutto usato nei longboard moderni e nelle tavole mid-length. È un set-up caratterizzato da una pinna più grande centrale e arretrata e 2 pinnette laterali avanzate. In teoria la pinna centrale contribuisce alla direzione e quelle laterali al controllo e alla stabilità della tavola quando si trova inclinata sui bordi. In genere le pinnette laterali sono estraibili per poter essere tolte su onde piccole o per migliorare la libertà di movimento della tavola. Inoltre c’è da dire che comunque la pinna centrale se in combinazione con quelle più piccole, non sarà della stessa grandezza di una single-fin, ma decisamente più piccola.


Twin-fin
Addirittura fu Tom Blake che provò per primo a mettere 2 pinne nel 1943 circa e dopo di lui Bob Simmons. Negli anni, il twin è stato rigirato in mille modi ed ha sempre funzionato alla grande! Più velocità e manovrabilità di un single specialmente in condizioni di onde poco potenti o piccole. Basta pensare a Mark Richards che con il suo twin e il suo stile super fluido e veloce ha conquistato il surf negli anni ’70 – ’80, o ai fish, da quelli retro ai più moderni, o al minisimmons: il twin è sempre sinonimo di divertimento e stile!
Generalmente le pinne sono montate molto vicine ai bordi a circa 30 cm dalla poppa. Spesso più larghe delle normali thruster e con meno rake. Nella maggior parte dei casi una tavola twin non lavora troppo bene in onde più grosse o ripide; quindi un’ottima soluzione è quella di raddoppiare le scasse, montando twin quando le onde sono più piccole e morbide, quad quando le onde aumentano di potenza.

Thruster
Per anni, soprattutto qui in Italia, sembrava che non esistesse altro Dio al di fuori del Thruster. E forse era proprio così, perché da quando Simon Anderson ha messo 3 pinne uguali sul tail di una tavola, questo è diventato lo standard per ottenere performance ai massimi livelli. Effettivamente è un set-up che funziona in una miriade di condizioni dal reef al beach break, dal piccolo al grosso. Generalmente la pinna centrale con un profilo simmetrico, mentre le laterali con un profilo piatto nell’interno per incrementare il drive della tavola, ossia la capacità di conservare l’energia cinetica fuori dalle curve. Ma non solo: la sezione piatta funziona esattamente come un’ala di un aeroplano provvedendo al “lift”. Mentre per un’ala il lift permette al profilo di “galleggiare”, spingendo verso l’alto, in acqua le pinne spingono verso il bordo della tavola ancorandola ancora più saldamente alla parete dell’onda, non disperdendo energia verso il basso e spingendo il moto in avanti. Questo è evidente su onde particolarmente ripide dove al di là di ogni dubbio il thruster è una configurazione universalmente apprezzata e non a torto.

Quad
4 pinne. Apparso qualche anno fa e subito preso in considerazione dai pro e da moltissimi surfisti in tutto il mondo per le sue capacità di essere veloce come un twin, pur mantenendo il controllo nel pocket dell’onda di un thruster.
Esistono 2 “versioni” di quad. Il quad vero e proprio in cui le pinne sono molto ravvicinate ai rails e in posizione avanzata, diventando un’estensione del bordo tagliando la parete dell’onda in modo perfetto. Poi esiste il “thruster rivisitato”, in cui semplicemente la pinna centrale arretrata di un thruster viene divisa in 2 e portata sui bordi; questo perché con il proliferare di tail larghi si è sentita la necessità di avere una maggiore trazione. Comunque rimane una scelta ottima per tail larghi e potenti.

Twinzer
Molto simile al quad, ma con le pinne invertite: cioè le pinne più grandi dietro, le più piccole davanti. Inoltre per il suo ideatore, Will Jobson, è una configurazione di pinne imprescindibile da uno studio generale della carena della tavola. In generale una via di mezzo fra un twin e un quad. Poco usato.



Bonzer
Sistema ideato dai fratelli Campbell, nei primi anni ’70. in realtà è una configurazione che va ben oltre il discorso pinne, ma che studia la carena della tavola nella sua complessità rispetto al flusso dell’acqua. Fondamentalmente si tratta di 5 o 3 pinne di cui la pinna centrale intorno ai 7 pollici e 2 o 4 pinne più piccole laterali espressamente disegnate in termini di aspect-ratio (rapporto altezza – base) e in particolar modo di cant che segue l’andamento della doppia profonda concavità del tail. Questa particolare conformazione crea una tavola che letteralmente vola sull’acqua per l’effetto Venturi che si crea fra la carena della tavola e la superficie dell’onda. Una sensazione di velocità controllata senza eguali a patto di essere in grado di adoperarla a dovere….

Knubster
Il knubster è stato ideato da Sean Mattison, shaper delle Von Sol Surfboards. Non è altro che una piccola pinna “keel” che viene aggiunta come supporto in un sistema quad per dare maggior drive alla tavola. Quindi più controllo e direzionalbilità alla tavola in particolar modo in uscita dalle curve alla massima velocità. È stato adottato da Kelly Slater e da molti altri pro che ne sono rimasti entusiasti. Da provare.


Finless  
Una, due, tre, quattro, cinque…. Chi più ne ha più ne metta! Fatto sta che in tutto questo incalzante mondo delle pinne, alcuni hanno deciso di tornare indietro e rivedere il surf nel suo divenire un tutt’uno col fluire dell’onda. Alcuni shaper sono tornati alle origini tradizionali ricominciando, primo fra tutti Tom Wegener, a studiare le alaia e le tavole in legno dei primi Hawaiani, tavole ovviamente senza pinne. Altri hanno deciso invece di intraprendere una strada diversa e di sperimentare nuovi modi di concepire una surfboard: performare senza pinne. Lo studio delle carene con concavità e canali sempre più pronunciati; l’importanza della flessibilità stessa della tavola; il design dei rail sempre più complessi sono alla base di questi studi volti a creare tavole moderne performanti senza sacrificare il “flow”e disconoscendo quella turbolenza, quell’attrito (“drag”) che le pinne, per quanto piccole e studiate siano, creano nella fase di scivolamento. Al momento è un’opzione in totale divenire, ma è un’opzione che ci riporta a vedere il surf nella sua più vera espressione.

----Riproponiamo un post di Patagonia da noi tradotto tempo fa proprio sull'argomento FINLESS:
http://gosblogsurf.blogspot.it/2011/01/acoustic-surf.html
moltomolto interessante----

George Greenough: forse il "padre" delle pinne moderne
Come potete vedere ad ogni set-up corrisponde un modo di interpretare un'onda. Non perderci troppo tempo, ma non fermate l'evoluzione del vostro stile personale!!!! Sperimentate e Divertite!!!!

BUON GLIDING A TUTTI!!!!

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Grazie per averci seguito in questo tour nel mondo delle pinne.
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