Ho deciso di scrivere questo
articolo per contribuire a diffondere la notizia, in Italia e all’estero, che
in molte città italiane si beve acqua all’arsenico, ancora oggi. Infatti, in
128 comuni italiani risulta esserci nell’acqua di rubinetto una concentrazione
di arsenico più alta del normale. I giornali italiani hanno parlato molto della
questione, quindi probabilmente ne avrete già avuto notizia. Personalmente l’ho scoperto nel 2010, quando
l’Unione Europea ha respinto la richiesta di deroga dell’Italia per valori di
arsenico nell’acqua potabile fino a 50 mg/l (che era stata garantita fin dal
2001!!).
In realtà, secondo la normativa
UE, i livelli di arsenico nell’acqua potabile non devono superare i 10
microgrammi per litro. Questo perché l’arsenico provoca il cancro. Tuttavia,
sono ammesse deroghe fino a 20 mg/l.
Su 128 comuni italiani in cui si
riscontra questo “problemino”, 91 si trovano nel Lazio (tra cui Anzio!), 16 in Toscana, e il resto in
Campania, Trentino, Lombardia e Umbria. Tali elevate concentrazioni di arsenico
nell’acqua (che in alcuni casi arrivano a 50 mg/l) sarebbero (teoricamente) dovute
a cause “naturali”, come stratificazioni geologiche di origine lavica.
L’anno scorso la Regione Lazio ha
assicurato che la situazione era sotto controllo e che gli opportuni sistemi di
filtraggio e dearsenificatori erano praticamente ultimati e pronti per l’uso.
Ma in realtà in molti comuni non pare sia cambiato molto da allora. Infatti, finora
solo due comuni laziali si sono dotati di un dearsenificatore. Alcuni sindaci hanno vietato l’uso e il
consumo di acqua di rubinetto ai bambini di età inferiore ai 3 anni e alle
donne in gravidanza (permettendo quindi a tutti gli altri di berla!!). Altri hanno
messo a disposizione dei cittadini le cosiddette "fontanelle
leggere", ovvero fontane di acqua potabile dove i cittadini possono
recarsi per prelevare acqua liscia (gratuita) o frizzante (a 5 centesimi il
litro). Ma nel frattempo dai nostri rubinetti di casa continua ad uscire acqua
contaminata.
Inoltre, le ASL hanno
condotto ispezioni e campionamenti
dell’acqua di diversi esercizi commerciali, come ristoranti, bar e forni,
imponendo agli esercizi in cui sono stati riscontrati livelli di arsenico
superiori a quelli ammessi per legge di installare dearsenificatori a proprie
spese. Allora, se in teoria possiamo – a meno di non essere un bambino sotto i
3 anni – usare l’acqua di rubinetto per cucinare e anche addirittura per bere senza avere
problemi per la nostra salute, perché invece gli esercizi commerciali
non possono usarla? Perché gli esercizi commerciali dovrebbero rispettare le normative UE quando la pubblica
amministrazione è la prima a non farlo?
La Codacons, l’associazione
di difesa dei consumatori, ha già intrapreso le vie legali: il Tribunale
amministrativo regionale laziale ha, infatti, condannato i Ministeri della
salute e dell'ambiente a un risarcimento di 200 mila euro (100 euro a
cittadino) nelle regioni in cui è stata erogata acqua con una percentuale di
arsenico.
Inoltre, secondo il
TAR del Lazio (pres. Eduardo Pugliese, rel. Raffaello Sestini) è certa la pericolosità
per la salute umana derivante da un'esposizione prolungata all'arsenico
presente nell'acqua potabile, anche in quantità piccolissime, come
risultante dalla ricerca condotta su oltre 11.700 persone in Bangladesh e
pubblicata nell'edizione online della rivista scientifica The Lancet, che
ha dimostrato che la presenza di arsenico in elevate concentrazioni nel sangue
aumenta in modo significativo il rischio di tumori. Secondo le stime effettuate
dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha dichiarato che il caso del
Bangladesh è stato “il maggiore avvelenamento di massa della storia”, in
Bangladesh a partire dagli anni '70 almeno 35 milioni di persone hanno bevuto
acqua contaminata . E secondo lo
studio Heals (Health Effects of Arsenic
Longitudinal Study) coordinato dal Prof. Habibul Ahsan dell'Università di
Chicago, si stima che il 21% delle morti per tutte le cause e il 24%
di quelle attribuite a malattie croniche (in prevalenza tumori al fegato,
cistifellea e pelle e malattie cardiovascolari) siano dovute all’acqua di pozzo
contaminata con concentrazioni superiori a 10 mg/l (per maggiori informazioni: http://www.eurekalert.org/pub_releases/2010-06/l-rod061710.php.
).
La Codacons, comunque, non ha
intenzione di fermarsi: sta infatti promuovendo un’altra azione collettiva nella
quale si richiede un risarcimento di 1500 euro per ogni aderente, oltre alla
riduzione delle tariffe per l’acqua nei comuni dove si distribuisce acqua di
rubinetto contaminata. Chiunque può aderire, ma dovete decidere in fretta,
perché i termini scadono il 29 febbraio (per maggiori informazioni, visitate il
loro sito web: http://www.codacons.it).
Benedetta Ferri _ GOSer